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Sentenza

Esposizione all'amianto: un gruppo di finanzieri la spunta avverso il silenz...
Esposizione all'amianto: un gruppo di finanzieri la spunta avverso il silenzio rigetto formatosi su un istanza tendente ad accedere al proprio fascicolo lavorativo. L'accesso del dipendente pubblico al proprio "fascicolo personale" ed ai documenti ivi contenuti, nonché al proprio stato matricolare, ovvero ancora, come nel caso di specie, al proprio "curriculum lavorativo" costituisce un diritto proprio del lavoratore pubblico, sia che si tratti di rapporto di lavoro di diritto pubblico, sia che si tratti di rapporto di lavoro cd. "contrattualizzato".
Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 17/05/2022) 11-08-2022, n. 7093


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1702 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Ennio Cerio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Generale della Guardia di Finanza, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00711/2021, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2022 il Cons. Oberdan Forlenza; nessuno presente per le parti;
Svolgimento del processo

1.Con l'appello in esame, i ricorrenti, come in epigrafe indicati, impugnano la sentenza 19 luglio 2021 n. 711, con la quale il TAR per l'Emilia Romagna, sez. I, ha rigettato il loro ricorso proposto per l'annullamento del silenzio serbato dal Comando Generale della Guardia di Finanza sulla istanza di accesso agli atti, presentata in data 12 marzo 2021, e per la declaratoria del loro diritto ad avere accesso al proprio curriculum lavorativo.

Ciò ai fini di presentazione all'INAIL della domanda di riconoscimento dell'esposizione all'amianto, onde ottenere benefici previdenziali, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003.

La sentenza impugnata da atto che, nelle more di trattazione del ricorso, l'Amministrazione si è determinata sull'istanza con provvedimento espresso del 14 maggio 2021 n. 167451, con il quale è stato ribadito il diniego.

Inoltre, la sentenza, precisato che "la richiesta di accesso attiene unicamente al curriculum lavorativo e non anche al fascicolo personale", ha rigettato l'istanza affermando che "si è in presenza di una richiesta di accesso del tutto generica ed indeterminata basata su ipotesi, priva di elementi neppure indiziari in ordine ad un rapporto di causa ed effetto tra attività lavorativa e presenza di amianto. Il che rende la domanda de qua e il proposto gravame parimenti infondati".

Avverso tale sentenza vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione e falsa applicazione artt. 22 e 24 L. n. 241 del 1990; ciò in quanto, posto che gli istanti avevano richiesto "il curriculum lavorativo di ogni singolo istante con la specifica descrizione delle mansioni e delle attività svolte e delle relative sedi di servizio ….l'amministrazione è tenuta a rilasciare quantomeno il curriculum lavorativo attestante le mansioni e le attività svolte senza che lo stesso preveda espressamente che l'istante sia stato esposto in maniera continuativa all'amianto".

Difatti, "costituisce diritto soggettivo del lavoratore l'accesso al fascicolo personale, nel quale sono conservati i documenti e gli atti relativi al percorso professionale e all'attività svolta dal dipendente in costanza del rapporto di lavoro"; il corrispondente obbligo del datore di lavoro "di consentire l'esercizio di tale diritto….discende direttamente dal rispetto dei canoni di correttezza e buona fede nella esecuzione del rapporto di lavoro".

Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Economia e delle finanze.

All'udienza in camera di consiglio la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

2. L'appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

3. Preliminarmente, giova osservare che, in assenza di specifica doglianza, esula dall'esame da compiersi nella presente sede di appello, valutare se i ricorrenti avrebbero dovuto (o meno) impugnare anche il diniego espresso opposto dall'amministrazione all'istanza di accesso in corso di giudizio.

Ciò nonostante, è appena il caso di rilevare che, una volta formatosi il silenzio rigetto (in questo caso sull'istanza di accesso dell'interessato), l'eventuale provvedimento espresso di rigetto, successivamente emanato dall'amministrazione, non comporta necessariamente l'onere di impugnazione a carico dell'interessato (così argomentando - in tema di silenzio rigetto - fin da Cons. Stato, Ad. Plen., 27 novembre 1989 n. 16), salvo che questi, alla luce delle motivazioni ivi presenti, non intenda proporre ulteriori (e più specifiche) doglianze per il tramite di motivi aggiunti.

4. L'accesso del dipendente pubblico al proprio "fascicolo personale" ed ai documenti ivi contenuti, nonché al proprio stato matricolare, ovvero ancora, come nel caso di specie, al proprio "curriculum lavorativo" costituisce un diritto proprio del lavoratore pubblico, sia che si tratti di rapporto di lavoro di diritto pubblico, sia che si tratti di rapporto di lavoro cd. "contrattualizzato".

E ciò a prescindere da quanto riconosciuto, in via generale, al cittadino in tema di accesso ai documenti amministrativi dalla L. n. 241 del 1990.

Il presente giudizio, pur correttamente instaurato ai sensi dell'art. 116 c.p.a. (Cons. giust. Amm., 26 aprile 1996 n. 92), attiene al riconoscimento di un diritto ad accedere a documenti amministrativi che precede e prescinde dalle ipotesi di accesso riconosciute e disciplinate dalla L. n. 241 del 1990.

4.1. L'art. 55 D.P.R. 3 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico degli impiegati civili dello Stato) prevede che "per ogni impiegato sono tenuti, presso l'ufficio del personale dell'amministrazione centrale, un fascicolo personale ed uno stato matricolare"; nel primo sono contenuti "tutti i documenti che possono interessare la carriera"; nel secondo devono essere indicati "i servizi di ruolo e non di ruolo eventualmente prestati in precedenza allo Stato e ad altri Enti pubblici; i provvedimenti relativi alla nomina, allo stato, alla carriera e al trattamento economico ….".

Ulteriori disposizioni di dettaglio sono previste dagli artt. 24 ss. D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (recante norme di esecuzione del predetto Testo Unico).

In particolare, l'art. 29 D.P.R. n. 686 del 1957 cit. (recante "rilascio di copie dello stato matricolare") dispone (co. 1) che "l'impiegato può chiedere all'ufficio del personale di prendere visione degli indici del fascicolo personale e può ottenere altresì che gli siano rilasciati a sue spese estratti dello stato matricolare e copie degli atti cui abbia diritto".

Le disposizioni innanzi indicate, ancorché positivamente riferite ai dipendenti civili dello Stato, costituiscono evidente espressione di un principio generale, applicabile a tutti i dipendenti pubblici, quale che sia la natura del rapporto instaurato con la pubblica amministrazione (contrattualizzato ovvero in regime di diritto pubblico), ivi compreso lo stesso personale militare.

Quanto a quest'ultimo, l'art. 1023 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), dispone in tema di "documentazione matricolare", in modo non dissimile - fatte salve le specificità di tale rapporto - dal D.P.R. n. 3 del 1957; e ulteriori disposizioni sono contemplate dagli artt. 682 ss. D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare).

Più in particolare, le disposizioni regolamentari ora indicate distinguono tra "documento unico matricolare" (artt. 684-685) e "documentazione caratteristica" (artt. 688 ss.).

Solo per quest'ultima l'art. 695 prevede che "il diritto di accesso alla documentazione caratteristica e ai dati personali in essa contenuti è esercitato secondo le modalità e con le limitazioni previste dalle disposizioni di cui all'art. 1, co. 6 del Codice" (il quale estende - più con riguardo all'accesso da parte di terzi che da parte del diretto interessato - al provvedimento ed ai procedimenti previsti dal codice e dal regolamento, ove non diversamente disposto, le disposizioni della L. n. 241 del 1990 e del D.P.R. n. 445 del 2000).

4.2. La giurisprudenza amministrativa ha costantemente (e già risalentemente) affermato che il pubblico dipendente, ai sensi del citato art. 29 D.P.R. n. 3 del 1957, ha diritto di ottenere copia degli atti del suo fascicolo personale (Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 1996 n. 727), che siano in questo presenti o che, ai sensi di legge e di regolamento, avrebbero dovuto esservi.

L'impiegato ha altresì diritto ad ottenere copia anche degli atti che siano stati comunque presenti nel proprio fascicolo personale, ancorché siano stati successivamente da questo espunti (Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 1995 n. 688).

4.3. Alla luce di quanto esposto, appare evidente come il diritto del dipendente pubblico ad accedere ai dati inerenti al proprio rapporto di lavoro, nel suo momento genetico e nel suo sviluppo funzionale, non solo preesista al diritto di accesso di cui agli artt. 22 ss. L. n. 241 del 1990, ma sia anche da questo strutturalmente distinto.

Il diritto di accesso ex L. n. 241 del 1990 consiste (art. 22, co. 1, lett. a) nel (più generale) "diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi", "concernenti attività di pubblico interesse" (lett. d).

Come è stato già affermato dalla giurisprudenza, "il diritto di accesso si presenta …come posizione strumentale riconosciuta ad un soggetto che sia già titolare di una diversa "situazione giuridicamente tutelata", (diritto soggettivo o interesse legittimo, e, nei casi ammessi, esponenzialità di interessi collettivi o diffusi) e che abbia, in collegamento a quest'ultima, un interesse diretto, concreto ed attuale ad acquisire mediante accesso uno o più documenti amministrativi" (Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2017 n. 3461, sulla scorta di Cons. Stato, Ad. Plen. 18 aprile 2006 n. 6).

Proprio la strumentalità del diritto di accesso comporta l'onere di motivazione della relativa istanza (art. 25, co. 2, L. n. 241 del 1990), onde consentire all'amministrazione (e al giudice eventualmente adito dopo il rifiuto all'accesso da questa opposto) di verificare la sussistenza della legittimazione all'accesso, ovvero, più specificamente, il collegamento intercorrente tra il documento amministrativo cui si intende accedere e la posizione soggettiva dell'istante (anche, ma non solo, a fini di tutela della stessa).

A fronte di ciò, i dati e i documenti inerenti il rapporto di lavoro con pubbliche amministrazioni attengono invece ad aspetti della vita stessa del soggetto/pubblico dipendente nella sua estrinsecazione lavorativa; costituiscono "proiezioni" dello svolgimento della sua personalità nel mondo del lavoro, ampiamente tutelata dagli articoli 2 e 35 Cost.

In questo caso il pubblico dipendente accede a documenti amministrativi, che non attengono solamente ad attività (con o senza esercizio di poteri pubblici) della pubblica amministrazione rilevante per le proprie posizioni soggettive, ma a documenti che sono, nello stesso tempo, anche "documenti propri" del lavoratore, in quanto comprovano, nell'ambito del rapporto di lavoro, le reciproche obbligazioni e, più specificamente, le condizioni e le modalità di effettuazione della sua prestazione lavorativa; in altre parole, ne documentano i presupposti, i contenuti, le modalità di svolgimento.

Da ciò consegue che, con riferimento a tali documenti (e nei limiti in cui gli stessi si riferiscano esclusivamente alla propria, specifica posizione lavorativa), il dipendente pubblico non ha nemmeno bisogno di motivare la propria istanza, essendo del tutto naturale che egli possegga - tanto quanto l'altro soggetto del rapporto (la pubblica amministrazione) - la documentazione che inerisce al rapporto medesimo.

E', infatti, del tutto naturale (e coessenziale alla stessa natura bilaterale del rapporto) che ciò che a questo documentalmente inerisce sul piano genetico e funzionale, costituisca documentazione rientrante nel "patrimonio" di entrambe le parti, ancorché detenuta da una sola di esse, e di cui, dunque, entrambe le parti devono avere la piena disponibilità.

In altre parole, nel caso di accesso da parte del dipendente ai documenti del suo fascicolo personale, l'amministrazione, lungi dal consentire l'accesso a documentazione "propria" (o di cui essa è depositaria), ostende al dipendente documenti che "appartengono" al dipendente medesimo tanto quanto ad essa amministrazione, nel senso di documenti che riguardano il rapporto di lavoro e ne connotano fonti, obbligazioni, prestazioni, termine.

4.4. La distinzione ora delineata non è ignota alla giurisprudenza amministrativa che già in passato (Cons. giust. amm., 26 aprile 1996 n. 92, cit.) ha sottolineato come l'accesso ai documenti del proprio fascicolo personale da parte del dipendente ed il diritto di accesso ex L. n. 241 del 1990 "operano su piani diversi", ancorché non incompatibili.

Il dipendente, cui sia stato negato l'accesso al fascicolo personale (cioè a documenti anche "suoi"), ben può attivare anche la tutela giurisdizionale prevista dagli artt. 25 L. n. 241 del 1990 e 116 c.p.a., ancorché il proprio diritto ai documenti del fascicolo personale, come si è innanzi esposto, sia anteriore e distinto (e diversamente fondato sul piano normativo) dal diritto di accesso ex L. n. 241 del 1990.

In questo caso, il dipendente non è tenuto a motivare le ragioni della propria istanza, essendo in re ipsa la sua legittimazione ad accedere e ad estrarre copia di documenti che, in quanto relativi al rapporto di lavoro, appartengono ad entrambe le parti di tale rapporto.

Resta ovviamente fermo quanto previsto per i documenti coperti da segreto di Stato (laddove dati del fascicolo personale ove divulgati possano comportarne un vulnus), ed in questo caso l'amministrazione dovrà comunque garantire l'accesso laddove la conoscenza di tali atti sia necessaria all'istante "per curare e difendere i propri interessi giuridici" (art. 25, co. 7, L. n. 241 del 1990).

5. Nel caso di specie, gli attuali appellanti hanno richiesto di accedere ed ottenere copia del proprio "curriculum lavorativo", cioè ai dati afferenti alle proprie mansioni e alle attività svolte ed alle relative sedi di servizio (v. pag. 9-10 app.).

Si tratta, a tutta evidenza, di dati e documenti normalmente contenuti nel fascicolo personale e nello stato matricolare ai quali l'amministrazione, per le ragioni innanzi esposte, non può negare l'accesso e l'estrazione di copia, indipendentemente dall'utilizzo che il dipendente intenda fare dei medesimi.

Di modo che, nel caso in esame, non assume alcun rilievo la eventuale utilizzazione di tali documenti onde verificare se vi sia stata o meno esposizione all'amianto, durante lo svolgimento delle prestazioni lavorative.

Né è richiesto all'amministrazione - che deve limitarsi ad ostendere i documenti richiesti - valutare se la predetta esposizione vi sia stata o meno.

Non può essere condivisa, quindi, la sentenza impugnata, laddove afferma che, nel caso di specie, "si è in presenza di una richiesta di accesso del tutto generica ed indeterminata", poiché il dipendente non è tenuto ad esplicitare una motivazione particolare al fine di accedere agli atti del proprio fascicolo.

Al contempo, deve essere accolto l'appello proposto, laddove si afferma che "costituisce diritto soggettivo del lavoratore l'accesso al fascicolo personale, nel quale sono conservati i documenti e gli atti relativi al percorso professionale e all'attività svolta dal dipendente in costanza del rapporto di lavoro".

Il corrispondente obbligo del datore di lavoro di consentire l'esercizio di tale diritto oltre che discendere "dai canoni di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto di lavoro", (come pur condivisibilmente sostenuto dagli appellanti, poiché la conoscenza dei dati è connessa al rapporto di lavoro ed alle obbligazioni e prestazioni che ne conseguono), deriva anche dalla posizione del datore di lavoro/pubblica amministrazione quale mero detentore di documenti di comune appartenenza.

6. Per tutte le ragioni esposte, l'appello deve essere accolto, e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata ed in accoglimento del ricorso instaurativo del giudizio di primo grado, deve essere dichiarato il diritto degli appellanti ad accedere alla documentazione richiesta con l'istanza del 12 marzo 2021, con corrispondente obbligo dell'amministrazione appellata di fornire copia dei predetti documenti, entro il termine di trenta giorni decorrente dalla data di comunicazione della presente decisione, ovvero dalla data della sua notificazione, se anteriore.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda),

definitivamente pronunciando sull'appello proposto (n. 1702/2022 r.g.), lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata:

a) accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di primo grado;

b) dichiara il diritto degli appellanti ad ottenere la documentazione richiesta con istanza del 12 marzo 2021;

c) ordina alle amministrazioni appellate di rilasciare copia della documentazione indicata entro il termine di cui in motivazione;

d) compensa tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente FF, Estensore

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere
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Avv. Antonino Sugamele

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